Erano i MAS i motoscafi anti-sommergibili inventati dall'ingegnere livornese Bisio |
Come sempre, quando c'è di mezzo un'invenzione, non manca mai chi sostiene di averla inventata prima. Questo può dirsi anche per i Mas, i « motoscafi anti‑sommergibili » (D'Annunzio legò la sigla al motto « memento audere semper », ricordati di osare sempre) che hanno raccolto tanta gloria nelle due grandi guerre mondiali. Ma nel caso specifico è facile sostenere, senza tema di smentite, che i Mas li abbiamo inventati noi italiani. I primi studi risalgono addirittura al 1906, quando si pensava a una « barca torpediniera mossa da motori a scoppio », destinata a operare in prevalenza nell'Alto Adriatico, cioè in un bacino idrografico dalle particolari caratteristiche. Si presero in esame, prima di tutto, i canali di navigazione interni della laguna veneta, da Porto Lignano al Delta dei Po, vagliandone i fondali, la larghezza, lo sviluppo delle curve e l'allacciamento con gli sbocchi al mare; si concluse con un progetto di scafo adatto a navigare in queste acque ristrette e a reggere nel contempo il mare aperto anche se agitato.
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Squadriglia di MAS in Adriatico
Che fossero utili, lo si comprese subito, tanto è vero che già nel luglìo 1915 vennero messe in cantiere 50 unità, e altre 50 ne saranno impostate nella seconda metà dei 1916. Ma il programma più massiccio fu varato nel 1917, quando si ordinarono 320 unità, sia dei tipo silurante sia di quello antisommergibile: in totale, nel corso dei conflitto, 422, 244 dei quali entrarono in servizio durante le ostilità. L'idea dei Mas l'avevano avuta anche gli inglesi, che, come noi, avevano mobilitato gli sportivi . dei loro yachting clubs, dovendo però fare i conti con un mare diverso, poiché il mare dei Nord non è l'Alto Adriatico. Quindi, per le loro « patrol boats » andarono a chieder aiuto ai cantieri americani: interessavano modelli robusti, veloci, in grado di tenere bene il mare, capaci di raggiungere i venti nodi e di dare la caccia ai sommergibili tedeschi, con le bombe di profondità e i cannoncini a tiro rapido. Nacquero così i « cacciasommergibili » prodotti dal cantiere Elco di Bayonne, New Jersey, che avremo anche noi, e saranno la cosiddetta « classe H ». Unità eccellenti, tanto è vero che alcuni attraversarono l'Atlantico in formazione, per venire a battersi nei nostri mari. Consumavano molto, facevano un frastuono d'inferno, ma funzionavano bene.
Una delle più belle avventure a bordo dì un Mas risale al marzo dei 1916, e ne è protagonista un oscuro eroe, il volontario motonauta Gramaticopulo di Capodistria, che chiese al comando di poter uscire da Venezia per andare al largo. Il marchese Dentice di Frasso, che comandava la piazza, lo autorizzò e Gramaticopulo uscì, entrò nel golfo di Trieste, passò davanti a Capodistria, cercò, al tramonto, il campanile di Buje, « la spia dell'Istria», e andò a piazzarsi, alle due di notte, di traverso sopra uno sbarramento di mine austriaco, proprio davanti a Trieste. Là attese, con gli uomini nascosti nella tuga. All'alba, gli austriaci lo notarono. Fermo, in mezzo a quello che sapevano essere un loro campo minato, non poteva trattarsi che di un loro scafo in avaria.
Alla bandiera di combattimento della flottiglia deì Mas dell'Alto Adriatico venne assegnata la medaglia d'oro al valor militare. Durante tutta la guerra il nemico non seppe e non poté né catturare né distruggere un Mas. Per aver navigato e combattuto ed operato prodigi sui Mas, ebbero la croce di ufficiale dell'ordine di Savoia il capitano di vascello Costanzo Ciano, la croce di cavaliere il capitano di fregata Luigi Rizzo; ebbero la medaglia d'oro al valor militare i capitani di fregata Luigi Rizzo e Mario Pellegrini, il tenente colonnello del genio navale Raffaele Rossetti, il tenente di vascello Ildebrando Goiran, il capitano medico Raffaello Paolucci, il sottotenente di vascello Giuseppe Aonzo, il capo torpediniere Antonio Milani, ìl sottocapo‑fuochista Giuseppe Corrias, il sottonocchiere Francesco Angelino.
Ebbero poi la medaglia d'argento il capitano di vascello Costanzo Ciano, il capitano di fregata Luigi Rìzzo, il capitano di corvetta Ildebrando Goiran, il capitano di corvetta Gennaro Pagano di Melito, i tenenti di vascello Alfredo Berardínellì, Profeta De Sanctis, Mario Azzi, Mario Heusch, il tenente macchinista Vincenzo Turiddo, i capi gruppo motonauti Angelo Procaccini, Cesare Imperiale, Luigi Di Sangro, i volontari Luigi Carones, Emi,lio Manfre~di, Gino Barsanti, Felice Gessi, Romano Manzutto, il sottotenente Andrea Ferrarini, il capotimoniere Barchetta, il sottonocchiere Bossi e i marinai torpedinieri, fuochisti e cannonieri Bertucci, Santarelli, Feo, Capuano, Defano, Annaloro, Calipani, Tomat, Donat, Baganto, Trentin, Battaglini, Volpi, Bertelli, Veronese, Maschietto, Braccioni, Milani, Brignetti, Verzanini, De Angelis, Buonacorsi, ecc.
Un elenco di valorosi, una pagina di gloria per la marina da guerra italiana.
La Beffa di Buccari
L’azione si è svolta nella notte sull’11 febbraio del 1918, ed è annoverata tra le azioni più audaci della guerra. Al comando della spedizione è Costanzo Ciano, tra i partecipanti abbiamo Luigi Rizzo e, volontario, Gabriele D’Annunzio i MAS impiegati sono in tutto 3: il 94, 95, 96 i quali erano del tipo “Orlando 12t” una versione modificata dello “SVAN 12t” che avevano un apparato ausiliario per la marcia silenziosa a bassa velocità.
I MAS partono nella mattina del 10 rimorchiati ciascuno da una torpediniera, scortati da unità leggere, alle 22 iniziano il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari; dove dovrebbero trovarsi navi mercantili austriache. L’audacia della missione sta nel fatto di aver attraversato per 50 miglia il sistema di difesa costiero austriaco che non si è accorto di nulla, i Mas hanno attaccato senza successo ma sono rientrati eludendo la sorveglianza così come avevano fatto per entrare, rivelando le deficienze delle difese imperiali. Inoltre D’Annunzio gettò in mare davanti alle coste nemiche tre bottiglie ornate di nastri tricolore contenenti questo messaggio: “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’italia, che si ridono di ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
Ovviamente la presenza del poeta ha molto amplificato la portata della cosa dato anche che lo stesso con la sua abilità propagandistica è riuscito a dare grande risalto all’impresa, portandola alla conoscenza della gran parte dell’opinione pubblica non solo nazionale. In quella occasione poi D’Annunzio conia quel motto, utilizzando la sigla di quei mezzi, che diverrà il motto dei MAS e che ancora oggi e il motto delle forze veloci costiere italiane, “Memento Audere Semper”, “RICORDATI DI OSARE SEMPRE!”.